Un’immersione totale nei colori, nel bianco e nel nero dell’anticonformista e selvaggio artista catalano. Quale consuetudine degli ultimi anni, l’Istituto ha offerto a un gruppo di ragazze e accompagnatori, approfittando dell’apertura serale della sede a Palazzo Chiablese, la visita guidata alla mostra “Mirò! Sogno e colore” dove sono esposte 130 opere, alcune di grande formato, che raccontano la produzione degli ultimi trent’anni di vita dell’artista fortemente intrecciata con la variopinta isola di Minorca dove visse fino alla sua morte avvenuta nel 1983.
Fa parte della mostra la ricostruzione scenografica dello studio di Mirò corredata di fotografie con oggetti e quadri rimasti come l’ultimo giorno in cui l’artista è entrato nel suo studio prima di morire. Mirò ha lasciato un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee con un linguaggio universale ma allo stesso tempo unico e personale affiancando alla sua anima contemplativa una poetica sospesa tra sogno e colore così da sfuggire alla banalità e alle convenzioni. Dalle opere esposte abbiamo potuto comprendere la sua interiorità e il modo di pensare, il profondo attaccamento alle sue radici, la continua sperimentazione ricercata all’interno delle principali correnti artistiche del ventesimo secolo come Dadaismo, Surrealismo e Espressionismo. Abbiamo ammirato opere realizzate con la tecnica del “dripping”, come Jackson Pollock, o usando le mani e i pugni oltre a pennelli e pennellesse, alle tecniche miste usando materiali diversi quali legno, chiodi, carta vetrata, ai collages, alla tecnica appresa da calligrafi giapponesi, dopo due soggiorni in Oriente, dove i tratti neri su fondo bianco, spesso realizzati stando in piedi con la tela a terra come documentato da alcuni filmati, vengono esaltati nella loro essenzialità. Mirò diceva che “la grandezza sta nell’essenziale”. Come dargli torto? E’ stato come sempre molto piacevole condividere con le ragazze momenti come questo.